LA PREVENZIONE COME STRATEGIA TEMPORALE PER LA QUALITA’ DELLA VITA

La definizione astratto-normativa di salute così come stabilita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità è il completo benessere individuale sia sul piano fisico, che mentale e sociale: un concetto che va oltre l’idea della semplice assenza di malattia quale alterazione anatomica e funzionale più o meno irreversibile di un organo che determina sofferenza e menomazione delle normali funzioni dell’organismo. Ne deriva, sempre sul piano logico-schematico, che tutti gli interventi volti a ridurre la probabilità di contrarre una qualsiasi malattia rientrano nella categoria della prevenzione primaria; gli interventi volti ad ottenere la remissione o la guarigione da una qualsiasi malattia costituiscono la prevenzione secondaria, mentre il controllo e contenimento degli esiti più complessi di malattie croniche o incurabili vengono definiti prevenzione di terzo livello.
Questo schema, che può essere applicato al controllo di qualsiasi sistema complesso come la sicurezza di una fabbrica o di un reattore nucleare, di per sé non ci dice nulla di concreto sulle cause della malattia e/o della salute e quindi su come prevenirle, però ha il merito di aver legittimato la possibilità di considerare la salute fisica come interconnessa con fattori anche immateriali quali le esperienze psicologiche e sociali. 
Tuttavia, la prevalenza diffusa del pregiudizio materialistico fa sì che di questa interconnessione vengano considerati in chiave curativa soltanto gli effetti successivi alla disfunzione, come la predisposizione genetica ed i fattori biochimici. Così ad esempio se ho l’ansia, so di poter assumere uno stabilizzatore dell’umore che intervenendo sulla biochimica del sistema nervoso - che a sua volta è l’effetto anche di una predisposizione fisiologica e funzionale anche in parte ereditata – è in grado di intervenire sugli effetti immateriali o sintomi ansiosi. Ma cosa possiamo dire dei fattori causali che determinano causalmente la predisposizione biochimica e genetica?
La stessa epigenetica, come tentativo di sondare questo terreno, rimane confinata nell’ambito dei fattori ambientali materiali, quindi dell’evoluzionismo darwiniano. E’ per questo che, specie nell’ambito della salute psicologica o mentale, la generica aspirazione a voler prevenire l’insorgere o l’aggravarsi di una malattia rimane un puro flatus vocis, una sterile petizione di principio. Anche nella migliore delle ipotesi l’operatore è rimandato dalla norma alla buona volontà, alla sua bontà e all’improvvisazione, secondo quel criterio del “buon senso pratico e concreto” di cui coloro che ricoprono cariche o funzioni pubbliche si ritengono investiti simultaneamente all’assunzione dell’incarico. Pertanto, analogamente a ciò che accade nel campo scolastico e della cultura in generale, lo Stato che interviene in ambito sanitario genera soltanto un nefasto cortocircuito tra astrattezza della norma ed abuso da parte del funzionario impiegato burocrate statale, prima ancora che medico o operatore sanitario in senso ippocratico del termine. Esemplificativo al massimo è l’istituto del TSO, il trattamento sanitario obbligatorio.
Pertanto, il fatto che patologie come attacchi di panico, depressioni, disturbi del comportamento alimentare, crisi di identità adolescenziali, bullismo e sindromi analoghe stanno andando incontro da alcuni anni ad un aumento statistico assoluto significa che la mancata capacità di prevenzione determina spese crescenti per le cure in un circolo vizioso preoccupante. Quale la possibile via di uscita?
Innanzitutto rendersi conto che, volendo prevenire la malattia o salvaguardare la salute, è necessario per prima cosa assumere un atteggiamento di fiducia nelle proprie capacità e quindi di indipendenza di giudizio, sbarazzandosi dei facili pregiudizi che troppo facilmente vengono assimilati, come ad esempio quello che considera come fattori causali elettivi soltanto i fattori genetici e ambientali: fattori che del resto per definizione sono al di fuori della portata di qualunque intervento esteriore. Aspirare alla libertà di giudizio come cifra della propria umanità è dunque il primo passo.
Secondariamente, è necessario prendersi il tempo e la calma necessarie per riuscire a capire la reale portata e natura del problema che si teme o che si è già manifestato, e che in chiave di prevenzione può essere concretamente considerato un problema di qualità della vita, appunto. Ecco perché per noi di PN la qualità della vita non si misura più semplicemente in rapporto a fatti esteriori (ambiente, alimentazione, istruzione, servizi, relazioni, reddito etc.) ma con riferimento alla possibilità concreta di sforzarsi per arrivare ad una visione del mondo in cui ci sia posto per il sentimento fondamentale di sé stessi. Cercare di acquistare una visione generale di sé stessi nell’ambito dell’esperienza del mondo è quindi il secondo passo, cercando risposte alla domanda: ma quale è la mia importanza ed il mio valore nell’ambito del mondo che procede in avanti? Considerando che l’essenziale non sono le risposte che via via ci si riesce a dare ma lo sforzo che si compie in quella direzione, uno sforzo che fortifica le forze dell’anima, così come alzare un peso fortifica il corpo fisico. Lungo questo percorso ci si renderà conto che, specie nella vita cittadina, il flusso di impegni quotidiani e di aspettative esterne richiedono un'attenzione costante ed una capacità di affrontare problemi che, di fatto, si muove su un piano a sé stante nell’arco delle ventiquattro ore, sbalzando progressivamente l’uomo dai ritmi naturali che egli dovrebbe invece portare avanti volontariamente fortificando il proprio senso di sé per dedicarsi allo sviluppo sano della propria natura, e trascinandolo in ritmi alieni.
Il terzo passo è far riaffiorare l’innato bisogno e desiderio per la verità della realtà del mondo. Risparmiare le forze per temprare la propria personalità nello sforzo di raggiungere una visione sintetica del mondo nella sua verità, è fondamentale perché solo il collegamento con la verità da cui l’uomo effettivamente deriva come l’effetto deriva dalla causa, gli consente evidentemente di non smarrirsi e distruggersi, recuperando equilibrio e salute. Forse in nessun altro campo come in quello definito della prevenzione sarebbe possibile toccare con mano come anche una minima libertà rimasta, sia a livello fisico che psichico, può bastare per constatare gli effetti straordinari che il vivente contatto con la verità può determinare sulla qualità della vita. La grandiosità dell’Adam Cadmon, l’uomo primordiale prima della caduta ma anche la salvezza alla quale ogni individuo può aspirare pur gravato da errori, la forza vivificante ed incoraggiante della Vita del Figlio che esegue la volontà del Padre, sono senza ombra di dubbio più che sufficienti per rendere il pensiero, il sentimento e la volontà abbastanza forti da poter reggere l’incontro con sé stessi. Il nervosismo in tutte le sue forme lievi e gravi, da considerarsi il disturbo dell’epoca contemporanea che si è aperta circa 150 anni fa con la globalizzazione, le teorie sull’atomo e sulla relatività e le due guerre mondiali, è profondamente legato al non conoscere la realtà dell’essere umano vivendola in prima persona, e significa perciò permanere nel dubbio, generare sensi di colpa rispetto al valore di sé stessi e della propria vita e quindi inevitabilmente paura del futuro ed abdicazione rispetto al proprio impegno.
Ecco dunque l’importanza di una corretta prevenzione contro il rischio di disfunzioni dell’organo della coscienza di sé, che solo in prima approssimazione può essere individuato nel sistema nervoso. Junio Palenca